lunedì 6 settembre 2010

Il modello relazionale di tipo etologico

La metodologia di osservazione degli etologi è di tipo non interpretativo. I vari aspetti della vita del bambino nell'istituzione, l'interazione con gli adulti, con i pari, il tipo di operazioni fatte con gli oggetti, tutte queste cose sono osservate cercando di rilevare ciò che accade oggettivamente. La preoccupazione principale, da questo punto di vista, sarà quella di eliminare qualsiasi componente soggettiva, emotiva, o al massimo di "metterla nel conto" di oggettivare anche questi aspetti dell'interazione, dello scambio. Non per niente le ricerche più raffinate cercano di usare tecniche sofisticate e precisi strumenti che permettono di raggiungere una sempre più approssimata rilevazione che permetta, a sua volta, una vivisezione la più asettica possibile di quel lembo di realtà che si vuole indagare. I risultati che è possibile raggiungere guardando la realtà istituzionale secondo quest'ottica sono notevoli. Basti considerare che la maggior parte delle ricerche fatte in questi anni nei Nidi, soprattutto, e nelle materne partono da queste premesse e stanno contribuendo in maniera notevole al superamento delle insufficienze dei modelli precedenti. Basti pensare alla rilevanza che il concetto di interazione ha ormai nei Nidi, ed alla vera e propria rivoluzione "copernicana" rappresentata dallo spostamento dell'asse focale dell'adulto dalle attività alle routines, e soprattutto ai concetti di stabilità e di individuazione del rapporto adulto-bambino che ormai sono entrati "nel sangue" delle operatrici soprattutto nei Nidi. Ma qualora ci si ponga in quest'ottica ciò che vien fuori è anche una conoscenza asettica, quasi strumentale del bambino; una sottovalutazione dell'importanza che l'emotività ha nel processo di osservazione. Da ciò una visione del bambino che rimane astorico, depurato dei connotati culturali specifici - che pure determinano, fin dall'inizio della vita, la sua appartenenza -, un bambino interattivo, quindi, ma spoglio della sua identità culturale. L'educatrice, d'altro canto, nei confronti del bambino si dimostra attenta, anche essa interattiva, ma anch'essa ridotta alla sua componente più professionale, anch'essa spoglia della sua identità più piena. In conclusione, se il modello gestionale e soprattutto quello curricolare sembrano rivolgersi consapevolmente solo alla parte orbitale del sé del bambino e lasciano del tutto allo sbaraglio la formazione della parte nucleare del sé (riducendo il bambino ad alunno e l'educatrice a insegnante), il modello relazionale di tipo etologico sembra consapevolmente indirizzato a rafforzare nel tempo (stabilità) e nello spazio (individuazione) la parte nucleare del sé del bambino, ma: 1) non sembra consapevole fino in fondo di quello che Grinberg chiama trezo vincolo di integrazione del sé: l'integrazione sociale. "Il terzo vincolo, di integrazione sociale si riferisce alla connotazione sociale dell'identità ed è dato dalla relazione, fra aspetti del se e aspetti degli oggetti (madre più educatrice) attraverso i meccanismi di identificazione introiettiva e proiettiva" e soprattutto 2) non è consapevole del fatto che la qualità delle identificazioni, degli attaccamenti del bambino con gli adulti responsabili della sua educazione non può essere affrontata e analizzata con sufficiente approssimazione se non si abbandona l'oggettivismo etologico e non si è disposti a rischiare un'altra scoperta avvicinandosi al bambino, e cioè la scoperta del bambino che è dentro di noi. Ma questo è possibile solo se l'emotività, invece di essere eliminata o "tarata", viene giocata fino in fondo nel rapporto col bambino.
Fonte:
www.lacosapsy.com/nidi.htm

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