venerdì 3 settembre 2010

I modelli relazionali

La critica ai modelli custodialistici etc, sia nell'approccio gestionale, sia in quello curricolare, nella pratica viene circoscritta ad un solo momento della giornata del bambino nell'istituzione: il momento delle "attività". Tutti gli altri momenti - le cosiddette routines - e cioè la gran parte del tempo di permanenza del bambino nell'istituzione stentano a liberarsi dall'involucro dell'istituzione totale. Così le esigenze istituzionali - insufficientemente discusse - tendono a sovrastare ed a schiacciare quelle del piccolo ed indifeso fruitore del servizio: gli orari di entrata e di uscita, le modalità di passaggio del bambino dalla madre all'istituzione e viceversa sono decise più in base alle priorità ed alle esigenze degli adulti che non del bambino. Il pasto è un momento in cui l'esigenza biologica ed igienico-sanitaria tende ad essere soddisfatta senza alcuna dialettica con l'esigenza del bambino di avere un rapporto caldo e ravvicinato con l'adulto, così pure nel momento del cambio e dell'addormentamento. Nei momenti del cambio, dell'addormentamento, nei momenti di crisi del bambino, e prima ancora nei momenti dell'inserimento ogni attaccamento da parte del bambino verso qualche oggetto, anche se questo pare avere un potere consolatorio per il bambino e quindi divenire un aiuto per l'educatrice, viene da questa vissuto come un attentato all'atmosfera asettica della sezione e perciò con vari sotterfugi "disarticolato" ed impedito. E' stata proprio la critica a questi aspetti della vita del bambino nelle istituzioni che ha permesso l'emergere in questi ultimi anni di quelli che si potrebbero definire come modelli relazionali. E' importante distinguere all'interno dei modelli relazionali 2 filoni, quello etologico e quello psicoanalitico, poichè anche se per alcuni versi i risultati raggiunti usando il primo o il secondo tipo di approccio al bambino sono simili, vi sono anche delle differenze che è opportuno rimarcare onde evitare equivoci. Da entrambi i filoni emerge il presupposto della priorità dell'attaccamento (dei processi di identificazione) sulla "socializzazione" (intesa come inserimento nel gruppo di pari); la necessità dell'osservazione e della "programmazione" di tutti i momenti di permanenza del bambino nell'istituzione; la considerazione che il modello pluricentrico, (bambino – educatrice - madre), rispetto al modello monocentrico (bambino-madre), non ha di per sé alcuna facoltà taumaturgica; la necessità di superare il tourbillon degli adulti intorno al bambino ed il rapporto " da gruppo a gruppo "; l'importanza, per la formazione della personalità del bambino, che vi sia una continuità fra i processi di attaccamento (di identificazione) innescati fra bambino e madre (contraddistinti dalla stabilità, dalla individuazione del rapporto e dal calore dello stesso) e la qualità dei rapporti che devono intercorrere fra bambino ed educatrice; l'importanza che l'osservazione del bambino non sia circoscritta all'osservazione dei progressi che il bambino fa sul piano intellettivo, ma sia estesa a tutti gli aspetti della vita quotidiana del bambino, e di tutti coloro che interagiscono con lui nell'istituzione.
Detto questo occorre anche distinguere quello che di diverso c'e fra i due filoni: quello etologico e quello psicoanalitico. Al di là del confronto in termini generali fra le due teorie a noi interessa in questa sede vedere il diverso modo di concepire l'osservazione da parte di etologi e di psicoanalisti poichè la diversa metodologia usata dagli uni e dagli altri comporta, di fatto, l'osservazione come di due bambini diversi, la fissazione cioè di punti focali che finiscono con il proporre due ipotesi di programmazione educativa per niente simili.
Fonte:
www.lacosapsy.com/nidi.htm

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