In talune situazioni, e soprattutto dove ci sono state negli anni precedenti a quelli '70 importanti esperienze nel campo delle scuole per l'infanzia, si verifica da una parte il travaso nel Nido, in maniera più o meno acritica, di contenuti e di metodi didattici propri della scuola per l'infanzia, dall'altra la puntualizzazione nelle scuole per l'infanzia di un insieme di programmi, schede, griglie etc. che cercano di definire un curricolo il più possibile puntiglioso e preciso. A livello dei contenuti si cerca di definire, nella scuola per l'infanzia prima, e nel Nido poi, un andamento per tappe che parte da una concezione riduttiva del bambino e dei suoi bisogni, una concezione che tende a vedere esclusivamente le esigenze di sviluppo del bambino secondo determinati standard, non riconoscendo ciò che pure avviene sul piano dell'affettività, sia nel rapporto adulto-bambino, sia all'interno del gruppo dei pari, e quindi non rivedendo mai criticamente ciò che in definitiva è stata l'áncora di salvezza, che e giù, sott'acqua, nelle zone basse, quelle degli istinti, che non si vede perciò, ma che pure e ciò che ha permesso che, anche in questi contesti, la barca istituzionale non andasse alla deriva. Da un punto di vista metodologico, conseguentemente, vi è anche qui l'enfasi della produzione, e quindi dei momenti delle cosiddette attività e la sottovalutazione delle routines, ma - in questo caso - vi e una riduzione delle attività solo a quelle che abbiano un senso sul piano dello sviluppo, del progresso, a quelle cioè che possono essere spezzettate in modo tale che sia possibile sempre dire "si fa prima questo, poi quello, poi quell'altro ancora". Tipico del modello curricolare nei Nidi è la suddivisione dei bambini in 4 sezioni. Poiché si privilegiano le tappe dello sviluppo si scelgono le quattro sezioni che permettono al bambino una più precisa collocazione nel curricolo, anche se ciò accade a danno della stabilità del rapporto adulto-bambino e quindi di un legame più preciso e più intimo. Ad ogni modo la professionalità delle educatrici, all'interno di questo modello, si arricchisce ulteriormente: le modalità di lavoro si scientificizzano ulteriormente, intorno alle educatrici ed alle inservienti, di tanto in tanto (o continuamente) agiscono altri operatori dell'infanzia (atelieristi-mimi-animatori vari), si sottolineano di più le tecniche, la didattica, anche se, come nel modello precedente, la didattica è circoscritta al "momento delle attività". E' soprattutto la ricerca sul bambino svolta in ambito cognitivista (Piaget - Bruner - Wigotsky etc.) che contribuisce a ridefinire il bambino come "bambino cognitivo" diremmo oggi, come bambino cioè capace di padroneggiare tutti i linguaggi (in questo l'esperienza emiliana si distingue da altre esperienze più totalitariamente orientate verso la conferma della supremazia del linguaggio verbale), come bambino che ha una intelligenza pronta ed allenata, che sperimenta, indaga, cataloga il mondo che lo circonda, con un procedere nelle difficoltà che è scandito in maniera sempre più raffinata su quelle che, secondo gli studi più aggiornati, sono le tappe in base alle quali è opportuno progredire. Nella versione più esasperata (abbiamo già citato più volte le "battagliere" pagine di Frabboni sul curricolo didattico) si tratta di un'urgenza di omologazione, di appiattimento del bambino, di qualsiasi bambino, su di una visione dell'infanzia che è strettamente legata ad esigenze di funzionalizzazione della personalità alle esigenze della produzione, al superamento dei gap intellettuali, etc. Nella maggioranza dei casi vi è una più o meno conscia esigenza di adattamento del bambino (e della famiglia) ad un contesto socio-culturale che va rapidamente mutando. Tale contesto propone nuovi valori che tendono ad inglobare quello che di inglobabile c'è nei valori tradizionali della società emiliana fino a creare una sintesi nuova. Anche nel modello curricolare la suddivisione dell'affetto è determinante nel definire l'identità del bambino. Nel modello gestionale, però, come abbiamo visto, l'educatrice tende a reagire in maniera inconsapevole, casuale e massificante, usando crudamente la corresponsione o il ritiro dell'affetto, senza mediazioni di sorta. Le educatrici che operano in un clima curricolare, invece, agiscono in maniera più complessa affinchè il bambino corrisponda alla fine all'immagine scientifica dell'infanzia per la quale è programmato. Intanto vi è una consapevolezza dei fini cognitivi (che come abbiamo visto prima però non è ciò che impedisce che la barca istituzionale vada alla deriva). In secondo luogo l'intervento non e più casuale e massificante, ma determinato dall'adulto in base al curricolo, e perciò anche individualizzato. Infine in questi contesti la selezione si comincia a misurare (come sarà domani nella scuola elementare) sul rendimento: per cui la corresponsione (o il ritiro) dell'affetto tenderà ad avvenire in base all'emergere o meno del bambino (o di quel gruppo di bambini) dallo sfondo.
Fonte:
www.lacosapsy.com/nidi.htm
Gruppo e sue caratteristiche.
14 anni fa
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